E' il momento di decidere a chi destinare il 5 per mille dell’IRPEF. Di cosa si tratta in pratica?

Sarà possibile per tuti i contribuenti decidere di devolvere il 5 per mille dell’IRPEF ad una fondazione, ente, ONLUS etc… compresi enti impegnati nella ricerca scientifica (ONLUS, Università, centri pubblici) indicando il codice fiscale del beneficiario nella dichiarazione dei redditi.

Il 5 per mille sostituisce l’8 per mille?

No. L’8 per mille rimane così com’è. La possibilità di devolvere il 5 per mille è una possibilità in più e non sostituisce nè rappresenta un’alternativa al devolvere l’8 per mille. Si possono fare tutte e due le cose insieme.

Come si fa?

Il contribuente può destinare la quota del 5 per mille della sua imposta sul reddito delle persone fisiche, apponendo la firma in uno dei quattro appositi riquadri che figurano sui modelli di dichiarazione (CUD; 730; UNICO persone fisiche). È consentita una sola scelta di destinazione. Nel modello delle dichiarazione troverete quattro riquadri, corrispondenti alle diverse categorie alle quali potete destinare il 5 per mille:

- Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le associazioni di promozione sociale, le associazioni riconosciute che operano nei settori di cui l'articolo 10, c. 1, lett a), del D.Lgs n.460 del 1997;

- Le Associazioni al sostegno delle attività sociali che vengono svolte nel proprio comune di residenza;

- Gli Enti di ricerca sanitaria;

- Gli Enti di ricerca scientifica ed universitaria;

- Le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi dal CONI a norma di legge.

E’ possibile scegliere un’associazione/ente alla quale destinare direttamente il cinque per mille, indicandone il codice fiscale. L’associazione/ente deve essere però incluso in un apposito elenco di possibili beneficiari (che hanno fatto domanda) stilato dal ministero.

A chi andrà il cinque per mille?

L’agenzia delle entrate, insieme ai ministeri competenti, ha redatto una lista dei possibili beneficiari. La lista comprende gli enti/associazioni che hanno fatto domanda entro febbraio scorso più varie università ed enti pubblici. Se nel riquadro indicate il codice fiscale del beneficiario (fra quelli presenti nella lista) il vostro cinque per mille andrà direttamente al beneficiario da voi indicato. Se non indicate un beneficiario in particolare, ma mettete la firma su uno dei quattro riquadri, il vostro 5 per mille verrà ripartito fra tutti i beneficiari presenti nella lista. Sconsiglio quest’ ultima possibilità, per le ragioni spiegate più sotto.

Dove trovo un elenco dei possibile destinatari del cinque per mille?

Gli elenchi definitivi si trovano qui. La lista degli enti che si occupano di attività di ricerca lo trovate qui.

Ma costa qualcosa?

Devolvere il cinque per mille non costa nulla. Semplicemente, il 5 per mille dell’IRPEF che dovete pagare viene devoluto all’associazione/ente che avete segnalato, invece di andare allo Stato.

Il cinque per mille serve a finanziare la ricerca scientifica?

Non necessariamente. La norma dà la possibilità di devolvere il 5 per mille ad enti ed associazioni non profit, impegnati in diverse attività di pubblica utilità. E’ possibile che nella lista troviate anche la bocciofila o il circolo musicale del vostro paese, tanto per fare un esempio.Per chi vuole destinare il contributo in ricerca, una lista separata elenca i beneficiari del 5 per mille che si occupano in modo specifico di ricerca.

Il fatto di essere sulla lista mi garantisce che l’ente/associazione svolga effettivamente ricerca scientifica?

Dovrebbe, ma in realtà basta scorrere l’elenco per scoprire che non è così. Accanto a enti/associazioni che sostengono ricerca, anche ad altissimi livelli, ce ne sono molti (probabilmente meritori in altri campi) che con la ricerca sembrano avere ben poco da spartire. Evidentemente, le liste sono state compilate (dal ministero della Ricerca) un pò alla leggera, mettendo dentro tutti quelli che ne hanno fatto richiesta, senza troppi controlli.

Ma allora come faccio a sapere che il mio cinque per mille andrà effettivamente alla ricerca scientifica?

La scelta finale è del contribuente, che può decidere di devolvere DIRETTAMENTE il cinque per mille ad una associazione/ente, basta che faccia parte della lista. Perciò, é IMPORTANTE NON LASCIARE IN BIANCO IL RIQUADRO DEL CODICE FISCALE MA INDICARE IL BENEFICIARIO. E’ importante informarsi e destinare il cinque per mille soltanto ad un ente/associazione di cui si conoscano bene le finalità e l’impegno nella ricerca. Se non indicate un beneficiario di vostra scelta, il vostro cinque per mille verrà distribuito a "pioggia" a tutte le associazioni/enti della lista, che comprende ahimè anche Fondazioni per le scienze religiose (che già beccano l’8 per mille), scuole d’arte, istituti di studi politici e sociali a sfondo teologico. Nulla di male, ma non c’entrano niente con la ricerca scientifica.

Il consiglio è: donate il 5 per mille come se doveste fare un investimento.

Scegliete un’associazione che abbia bilanci trasparenti (pubblicati su internet, ad esempio), finalità chiare e dimostri di avere raggiunto risultati tangibili. Se si tratta di ricerca scientifica informatevi sui criteri usati per distribuire i fondi (esiste un comitato di esperti di alto livello? Viene utilizzata la peer review?) e sui risultati (es. esiste una lista delle pubblicazioni scientifiche?). All’interno della lista redatta dal ministero ci sono molti enti e associazioni che soddisfano queste caratteristiche. Internet è utilissimo: individuate una vostra lista di possibili destinatari e poi controllate i loro siti internet in cerca delle informazioni che vi servono. Se non trovate nulla, contattateli. Se nel giro di un battibaleno non vi avranno dato le informazioni che cercate, lasciate perdere e passate ad altro.


IL VOLONTARIATO

Il volontariato è un'attività libera e gratuita svolta per ragioni private e personali, che possono essere di solidarietà, di giustizia sociale, di altruismo o di qualsiasi altra natura. Può essere rivolto a persone in difficoltà, alla tutela della natura e degli animali, alla conservazione del patrimonio artistico e culturale. Nasce dalla spontanea volontà dei cittadini di fronte a problemi non risolti, o non affrontati, o mal gestiti dallo Stato e dal mercato. Per questo motivo il volontariato si inserisce nel "terzo settore" insieme ad altre organizzazioni che non rispondono alle logiche del profitto o del diritto pubblico. Il volontariato può essere prestato individualmente in modo più o meno episodico, o all'interno di una organizzazione strutturata che può garantire la formazione dei volontari, il loro coordinamento e la continuità dei servizi. In Italia la Legge n. 266 del 1991 regola il volontariato organizzato e istituisce delle strutture per lo sviluppo e la crescita del volontariato su base regionale (i Centri di Servizio per il Volontariato) che forniscono gratuitamente alle Organizzazioni di Volontariato, servizi nel campo della promozione, della consulenza, della formazione, della comunicazione e molti altri. Per la legge italiana il volontariato organizzato nelle associazioni ha le caratteristiche previste dalla Legge 266/1991 che sono: gratuità assoluta delle prestazioni fornite dai volontari in modo personale e spontaneo divieto assoluto di retribuzione degli operatori soci delle associazioni. La stessa legge prescrive che le associazioni debbano presentare democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative. Esistono poi molti enti che non sono giuridicamente organizzazioni di volontariato perché non sono enti autonomi (sono parastatali o controllati dalla Chiesa e quindi le cariche non sono elettive e la struttura non è definibile come democratica), ma all'interno vi sono pure persone che prestano attività volontaria, accanto a persone retribuite. Poi vi sono enti che non prevedono il vincolo assoluto della gratuità della prestazione e quindi retribuiscono i propri soci, ma possono anche avere volontari che affiancano il personale retribuito, operando gratuitamente.

ORGANIZZAZIONE NON A SCOPO DI LUCRO

Una organizzazione non a scopo di lucro (denominazione legale) è una organizzazione che, non avendo scopi di lucro, e non essendo destinata alla realizzazione di profitti, reinveste gli utili interamente per gli scopi organizzativi. Un'organizzazione non a scopo di lucro può anche essere indicata con l'espressione mutuata dell'inglese (barbarismo) organizzazione non-profit, che può essere abbreviata in no-profit e non profit sottintendendo il termine organizzazione. A differenza dell'inglese, del francese e dello spagnolo, la lingua italiana non ha elaborato un acronimo (Inglese: Non-profit organization, Nonprofit organization (NPO) o, più brevemente, not-for-profit, Spagnolo: Organización sin ánimo de lucro (OSAL), Francese: Association à but non lucratif (BNL, acronimo riferito allo scopo). Etimologicamente, l'espressione deriva dal termine latino lucrum, in uso dal 1380, mentre l'espressione inglese profit, in uso dal 1315, è l'adattamento del francese antico prufit, in uso dal 1140 a sua volta dal verbo latino proficere.

La nozione è cominciata a delinearsi nella seconda metà del XX secolo, principalmente nei paesi economicamente più progrediti, insieme ad una notabilmente accresciuta attenzione sociale per le attività di solidarietà, favorita sia dal miglioramento delle condizioni economiche generali (e, per riflesso, individuali), sia dalla diffusione dell'informazione, che ha agevolato la conoscenza di particolari situazioni di disagio, bisogno, sofferenza di natura economica, sanitaria, sociale, politica o di altri tipi di contingenze anche a distanza. Parallelamente, una percezione di inadeguatezza dei sistemi di solidarietà sociale provveduti dai grandi stati nazionali o il riscontro dell'assenza (o dell'impraticabilità) di strumenti di assistenza e solidarietà in paesi meno fortunati, ha indotto molti, in forma per lo più volontaristica, a perseguire operativamente obiettivi di soluzione (o più spesso, realisticamente, di attenuazione) di situazioni di bisogno di altri individui o categorie o gruppi sociali (diversi in genere dal proprio). Ciò ha dato luogo allo spontaneo e copioso proliferare di organizzazioni di natura originariamente privata che in genere perseguono obiettivi di solidarietà rivolti quando in patria a soddisfare bisogni di estrema specialità (ad esempio le numerose associazioni per l'assistenza ai malati di malattie rare) o quando all'estero al soddisfacimento di fabbisogni primari (ad esempio, ma non solo, le altrettanto numerose organizzazioni per la fornitura di cibo e medicinali). La rilevanza del fenomeno, la cui crescita è stata accelerata dall'attenzione prestata dagli organi di informazione, ha in breve tempo raggiunto proporzioni tali da costituire una realtà della quale anche gli ordinamenti giuridici hanno presto dovuto prender atto, anche (e forse in primissima istanza) per poter consentire agevolazioni di natura fiscale a simili attività; in genere, la sottoposizione di organizzazioni non profit a regimi fiscali blandi, con ampie opportunità di esenzione, è vista con favore dall'opinione pubblica in ragione del solitamente elevato contenuto etico degli obiettivi perseguiti, quantunque un simile consenso sia nettamente inferiore per il caso di organizzazioni perseguenti obiettivi a più marcata impronta giuridico-politica. In diritto, il problema affrontato dalla dottrina si è fondamentalmente incentrato sulla corretta definizione dell'ente non profit. Rispetto al tradizionale concetto di assenza di fini di lucro, già in rodato uso ad esempio per alcune persone giuridiche come la società cooperativa o l'associazione (casi nei quali residua, legittimamente, un almeno indiretto interesse personale dei soci o comunque dei sodali), la locuzione sottintende (nell'accezione più comune in Italia) che l'organizzazione abbia finalità vocatamente solidaristiche, che non vi sia distribuzione di utili ai soci, che anzi qualsiasi utilità prodotta (anche nella forma di beni o servizi) sia destinata con carattere di esclusività in favore di terzi, e che non svolga attività commerciali se non limitatamente ad azioni meramente strumentali al conseguimento degli scopi sociali.

ORGANIZZAZIONI NON PROFIT
Rientrano pertanto propriamente nella categoria "non profit" quelle organizzazioni cui sia applicabile la recente disciplina riservata alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ma anche quelle che, sia pure in progetto o in corso di formazione o di consolidamento, potrebbero una volta a regime presentare caratteristiche affini; va detto peraltro che la previsione normativa potrebbe non essere esaustiva di tutte le possibili configurazioni organizzative che avrebbero titolo ad essere definite come non profit, stante la vastità della gamma dei loro possibili obiettivi. Gli enti che compongono il mondo del non profit si differenziano sostanzialmente nella loro struttura, distinguendosi per tipologia e status giuridico. In particolare, fino ad ora la nostra legislazione italiana ha disciplinato cinque differenti tipi di organizzazioni private che operano senza fini economici con finalità solidaristiche: le organizzazioni non governative (leg. 49/1987), le organizzazioni di volontariato (leg. 266/1991), le cooperative sociali (leg. 381/1991), le fondazioni ex bancarie (leg. 461/1998) e le associazioni di promozione sociale (leg. 383/2000). Le principali categorie possono essere così suddivise:

ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO
Secondo gli Artt. 2-3 della legge 266 dell’11 agosto 1991 per organizzazioni di volontario si intende “ogni organismo liberamente costituito” che si avvale dell’attività di volontariato che “deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà”. Tale dimensione organizzata si configura a partire dagli anni settanta, ma la sua importanza è cresciuta in modo particolare durante quest’ultimo decennio; se guardiamo infatti all’anzianità delle organizzazioni di volontariato presenti sul territorio, possiamo vedere come la maggior parte sia di recente costituzione (Rapporto Biennale sul Volontariato, 2005): delle più di 21.000 (21.021 nel 2005) associazioni esistenti in Italia il 61 % è nato dopo il 1999. Accanto a questa crescente rilevanza, si è assistito nel tempo anche ad una maturazione delle organizzazioni stesse. Esempio di tale evoluzione sono i profili dei servizi forniti: accanto a quelli di più classica valenza assistenziale, si affiancano oggi pratiche di prevenzione e promozione sociale, con l’obbiettivo non solo di curare il “sintomo” ma anche di eliminare le cause che producono emarginazione e degrado degli individui.

ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE
Le associazioni di promozione sociale possono essere definite quelle organizzazioni in cui individui si associano per perseguire un fine comune non di natura commerciale. La loro valenza “sociale” deriva dal fatto che esse non sono assimilabili a quelle associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici dei membri (come ad esempio avviene per associazioni sindacali, di partito o di categoria). Le caratteristiche e il ruolo svolto dalle associazioni di promozione sociale sono molto vicine a quelle delle organizzazioni di volontariato, le differenze risiedono nella possibilità di remunerare i propri soci e nella valenza mutualistica dei servizi, anche se è indubbio che oggi le associazioni non si limitino solamente alla mera soddisfazione degli interessi e dei bisogni degli associati, ma abbiano sviluppato una forte apertura al sociale operando promozioni della partecipazione e della solidarietà attiva.

COOPERATIVE SOCIALI
In Italia sono presentii 7.363 cooperative sociali: 4.345 di tipo A, 2.419 di tipo B, 315 di tipo misto (A+B), 284 sono infine i consorzi (Istat, Rilevazione sulle cooperative sociali, 2006); esse possono essere sono definite dall’Art. 1, legge 381 dell’8 novembre del 1991 “cooperative aventi come scopo il perseguimento generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”. Esistono quattro tipologie di cooperative: le cooperative di tipo A che svolgono attività finalizzate all’offerta di servizi socio-sanitari ed educativi, le cooperative di tipo B che forniscono attività di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, le cooperative di tipo misto che svolgono attività tipiche delle cooperative di tipo A, sia di tipo B ed infine i consorzi sociali, società cooperative aventi la base sociale formata in misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali. All’origine di questa forma organizzativa vi è la convinzione che l’attività solidaristica si possa realizzare anche attraverso la forma di un’impresa economica, coniugando interesse privato e interesse generale.

FONDAZIONI DI DIRITTO CIVILE E DI ORIGINE BANCARIA
Oggi le circa 3.000 fondazioni presenti in Italia rappresentano un importante attore nel panorama del non profit. Le fondazioni sono enti senza fini di lucro con una propria sorgente di reddito che viene impiegata per scopi di utilità sociale. A differenza delle associazioni infatti, le fondazioni non trovano il loro fondamento nei soci e nelle attività da loro svolte, ma piuttosto nella possibilità di beneficiare di un patrimonio (che per legge deve essere non inferiore ai 100.000 euro) che dà loro un'ampia capacità finanziatrice. Le fondazioni distribuiscono le proprie risorse con una strategia orientata alla scelta degli interlocutori per valutare i progetti da finanziare e in particolare, le aree in cui maggiormente le fondazioni operano sono l’istruzione, l’arte e la cultura, la sanità, l’assistenza sociale e la ricerca. Le fondazioni svolgono spesso anche una funzione attrattiva di nuove risorse, di lasciti, di donazioni di privati e imprese.

ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE (ONG)
In seno alla categoria delle organizzazioni "non profit" rientrano anche quelle organizzazioni che di fatto, in genere in ragione di particolari princìpi ispiratori o di particolari modalità o luoghi di attività, costituiscono soggetti di rilevanza inevitabilmente politica e che vengono a loro volta classificate come ONG quando appunto il loro operato sia svincolato da quello del governo dello stato di appartenenza. Le prime Ong nate intorno agli anni settanta svolgevano un’attività di sostegno del mondo missionario presente nei paesi in via di sviluppo. Oggi le organizzazioni non governative sono espressioni organizzate della società civile di ispirazione anche laica, impegnate sul più ampio fronte della cooperazione, intessendo rapporti con le istituzioni nazionali, europee ed internazionali e contribuendo all’elaborazione di strategie politiche. I tre principali organismi di coordinamento a cui aderiscono la maggior parte delle Ong italiane sono: i Volontari nel mondo - federazione di organismi cristiani di servizio internazionale, che riunisce 56 Ong di ispirazione cristiana; il Coordinamento delle Ong per la cooperazione internazionale allo sviluppo, che riunisce 35 Ong di matrice laica e il Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale che conta 28 Ong di ispirazione cristiana.

ONLUS (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale)
La disciplina delle ONLUS, che nell'acronimo ben segnalano la compresenza dei requisiti di assenza di lucro e di utilità sociale, resta pertanto ben indicativa di alcuni dei possibili campi di intervento, sebbene in tale inquadramento - è stato da molti eccepito - siano eterogeneamente parificati obiettivi di emergenza vitale e scopi di potenziale fatuità:

1. assistenza sociale e socio sanitaria
2. assistenza sanitaria
3. beneficenza
4. istruzione
5. formazione
6. sport dilettantistico
7. tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico
8. tutela e valorizzazione dell'ambiente
9. promozione della cultura e dell'arte
10. tutela dei diritti civili
11. ricerca scientifica di particolare interesse sociale

Per quanto infatti il concetto di non profit sia in genere, nella sua più immediata accezione, prontamente riferito a importanti e lodevoli iniziative di grande spessore, esso purtuttavia comprende qualsiasi attività dalle caratteristiche sopra abbozzate, riguardando pertanto la bocciofila di quartiere come le associazioni per le emergenze alimentari del Terzo Mondo; ciò ha dato luogo ad eccezioni ideali ed a proposte per una più rigorosa verifica della corretta applicazione della disciplina, soprattutto onde salvaguardare la necessaria terzietà degli effettivi beneficiari delle iniziative di questo genere, vista la potenziale facilità di maliziosa interpretazione del testo normativo.

IMPRESA SOCIALE
Sempre di più a partire dagli anni 80 si sono venute affermando forme imprenditoriali e organizzative create per perseguire finalità sociali operando all'interno del mercato concorrenziale. La forma giuridica che risponde a queste esigenze è quella dell'impresa sociale, che comprende tutte quelle imprese private, comprese le cooperative, in cui l'attività economica d'impresa principale è stabile e ha per oggetto la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale e di interesse generale. Si distingue così per la prima volta il concetto di imprenditoria da quello di finalità lucrativa: si riconosce l'esistenza di imprese con finalità diverse dal profitto. Il valore aggiunto rispetto a un'impresa tradizionale sta nel tentativo di produrre servizi ad alto contenuto relazionale, nel cercare di fare "rete" con esperienze del terzo settore, nel produrre esternalità positive per la comunità; fondamentali sono la promozione dello sviluppo locale, la garanzia di democraticità dell'organizzazione e di un coinvolgimento diretto dei lavoratori nella gestione, l'adozione di valori quali la giustizia sociale, le pari opportunità e la riduzione delle diseguaglianze. La disciplina di questi enti contenuta nella l.118/05 è stata resa organica e attuale tramite il d.lgs.155/06 . L'impresa sociale può operare nei seguenti ambiti di attività:

assistenza sociale - assistenza sanitaria e socio sanitaria - educazione - istruzione - tutela ambientale - tutela dei beni culturali - formazione universitaria - formazione extrascolastica - turismo sociale

COMMERCIO EQUO E SOLIDALE
Le organizzazioni di commercio equo si propongono di creare opportunità di autosviluppo sostenibile per le comunità escluse e svantaggiate dei paesi del sud del mondo. Il perseguimento di tale obiettivo avviene attraverso l'utilizzo di strumenti operativi come la vendita dei prodotti nella rete di Botteghe del Mondo, la crescita della consapevolezza dei consumatori, attuata attraverso un'adeguata informazione, l'educazione e l'azione politica che consiste nell'attività di pressione sulle istituzioni pubbliche e nell'adesione a campagne. Le organizzazioni si dividono in centrali di commercio alternativo (ATOS, Alternative Trade Organizations), botteghe importatrici e botteghe del mondo; le centrali hanno un più forte potere di coordinamento della filiera equa e solidale, essendo l'anello di congiunzione tra le organizzazioni di produttori del sud del mondo e le botteghe del mondo dove vengono commercializzati i prodotti. L'importatore di maggiori dimensioni è rappresentato dal Consorzio Ctm Altromercato che è il maggiore importatore italiano e il secondo a livello mondiale con un fatturato di 37 milioni di euro e 102 dipendenti a tempo pieno. Seppur di dimensioni più modeste giocano un ruolo importante nel panorama del commercio equo la centrale Commercio Alternativo con quasi 5 milioni di € di fatturato e la centrale Libero Mondo che ha circa 60 dipendenti e per scelte politiche vende esclusivamente attraverso la rete di Botteghe Del Mondo. Gli importatori hanno sviluppato dei marchi commerciali, a cui spesso erroneamente si contrappone il marchio di Transfair, che è invece un organismo di certificazione di prodotti equosolidali nato nel 1997 per garantire che un prodotto rispetta gli standard definiti da FLO (Fairtrade Labelling Organization). La presenza del marchio di IFAT, che garantisce le organizzazioni di commercio equo e solidale invece che i prodotti equosolidali non rende semplice la conoscenza del consumatore. Le Botteghe importatrici sono dei coordinamenti di botteghe, per lo più di medie dimensioni e abbastanza strutturate che intraprendono rapporti diretti con i produttori del Sud del mondo eliminando il passaggio effettuato dagli importatori. Le Botteghe del Mondo', infine, costituiscono il punto vendita per i prodotti equi ma anche e soprattutto un luogo di sensibilizzazione, di scambio culturale e di azione politica. In Italia sono circa 300 e aderiscono all'Associazione Botteghe del Mondo costituitasi nel 1991.

FINANZA ETICA
La finanza etica nasce per sostenere le attività di promozione umana e socio ambientale, pone al centro della sua attività la persona e non il capitale, l'idea e non il patrimonio, la giusta remunerazione dell'investimento e non la speculazione; tale sistema garantisce credito ai soggetti che hanno un progetto economicamente sostenibile e socialmente importante ma che non ottengono finanziamenti dagli istituti bancari tradizionali perché sprovvisti di garanzie patrimoniali. La finanza etica risponde alla necessità di riportare la finanza a svolgere la funzione originaria di garante del risparmio evitando gli impieghi puramente speculativi. Tra le organizzazioni fondatrici, la più rilevante è l'Associazione Finanza Etica, attiva sin dalla fine degli anni settanta. È un'associazione di secondo livello che si propone di far crescere la cultura della finanza etica, comprende un osservatorio di ricerca e confronto tra gli attori della finanza etica italiana ed attua attività di monitoraggio del mercato dei prodotti finanziari etici italiani. L'istituzione creditizia più importante è costituita da Banca Etica che è una banca popolare, opera a livello nazionale e ha caratteristiche che favoriscono l'azionariato diffuso in modo da favorire processi democratici ai quali corrispondono "una testa un voto". Il consorzio finanziario Etimos raccoglie risparmio a sostegno di esperienze microimprenditoriali e programmi di microfinanza nel Sud del Mondo. Infine l'attività di raccolta credito viene effettuata in larga misura anche dalle cooperative di Commercio Equo, sia in veste di singole botteghe, sia facendo parte di sistemi più strutturati come le cooperative socie al consorzio Ctm altromercato che utilizzano il risparmio raccolto per finanziarie progetti nel Sud del mondo (concedendo quindi microcredito ai produttori) oppure per i lavori di ampliamento e/o manutenzione delle botteghe stesse. Queste forme di deposito tecnicamente sono concorrenti alle istituzioni di credito come Banca Etica.

SALUTE E RICERCA
Il settore della sanità nel mondo non profit è al quarto posto dal punto di vista della concentrazione numerica, corrisponde cioè al 4,4% (9.676 su 221.412 dati Istat) delle organizzazioni presenti nel territorio italiano. Rimane al primo posto invece per numero di dipendenti assunti (22,8%) ed entrate raggiunte (18,8% delle entrate del complessivo settore). Si caratterizza dall’estrema varietà dimensionale delle organizzazioni: grandi associazioni private come l'ANFFAS che si avvalgono di ospedali e strutture sanitarie private altamente professionalizzate, insieme a piccole e numerose organizzazioni con prevalenza di lavoro volontario che offrono servizi di assistenza sanitaria e un servizio relazionale aggiuntivo come l’assistenza ai malati terminali, l’assistenza ospedaliera. Il settore dell'istruzione e della ricerca invece occupa il terzo posto raggiungendo il 5,3%. Si avvale di pochi volontari, quindi si basa prevalentemente su attività remunerata, e la provenienza dei suoi ricavi è soprattutto privata (consistente l’erogazione delle fondazioni bancarie). Recentemente è stata proposta dal Governo la trasformazione dei 15 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico[5] pubblici in fondazioni "non profit" (il "Policlinico Francesco Sforza" di Milano rappresenta la prima esperienza di questo tipo). La Fondazione Telethon rappresenta una importante realtà nel campo della ricerca. Le sue azioni: individuare tematiche e assegnare fondi per progetti di ricerca, per borse di dottorato di ricerca e scuole di specializzazione, costituire proprie unità di ricerca, anche in collaborazione con università, enti pubblici di ricerca. Altre associazioni di particolare rilievo sono l'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), la Fondazione italiana per la ricerca sul cancro (FIRC), l'Associazione italiana sclerosi multipla (AISM).

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